LA STORIA DELLA FIERA

Le prime testimonianze storiche di mercati di bovini a Carrù risalgono al Medioevo.

Il documento più antico è un decreto di Jolanda di Francia, tutrice del Duca di Savoia Filiberto I°, risalente al 7 aprile 1473, che autorizzava mercati bisettimanali “in opulento loco Carruci”.
Successivamente, il Duca Filiberto II°, in data 13 febbraio 1504, decretò la loro conferma “propter fidelitate semper demonstrata sabaudiae duci”.

Con un decreto del 1635, il Duca Vittorio Amedeo I° concesse alla comunità di tenere una fiera annuale della durata di tre giorni, da farsi ricadere dopo la festa di S. Carlo (4 novembre)
Il 15 dicembre 1910, per contrastare la scarsità di animali da macello e mettere un freno al forte aumento dei prezzi della carne, ebbe luogo la prima edizione dell’attuale Fiera del Bue grasso, promossa dall’Amministrazione Comunale su proposta del Comizio Agrario di Mondovì, con la dichiarata finalità di incrementare la produzione zootecnica e di favorire il consumo di carne anche fra le classi meno agiate della popolazione.

Furono promotori attivi e determinanti dell’iniziativa il dr. Benedetto Borsarelli, veterinario condotto, il prof. Alessandro Gioda, Presidente del Comizio Agrario di Mondovì e l’allora Sindaco di Carrù, sig. G. Enrico Calleri.

L’augurio o, come si direbbe oggi, l’obiettivo da raggiungere è formulato con chiarezza nei documenti ufficiali dell’epoca: “una bella affermazione di quanto possa ottenersi per quantità e qualità di carne dalla razza bovina piemontese sottoposta a razionale ingrassamento”.

Fu un successo fin dalla prima edizione: 2100 capi bovini, 200 suini, 500 ovini ed un migliaio di capi di pollame.
Lo scopo era raggiunto: Carrù si affermò fin da quell’anno come un importante centro di eccellenza per la qualità degli animali, dando vita ad un mercato molto promettente sotto l’aspetto economico.

La Fiera continuò negli anni seguenti con successo crescente, con qualche comprensibile difficoltà durante gli anni di guerra e con la sola sospensione nell’inverno del 1944.

Oggi costituisce un evento di grande richiamo, indissolubilmente legato ad una tradizione che ha profonde radici in questa terra e che ha saputo mantenere intatti il fascino e la suggestione di allora.

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